GIUSEPPE PELLEGRINO E LE SUE OPERE
 
Giuseppe Pellegrino, di Francesco e di Maria Lariccia, nacque a Lecce il 27 ottobre 1856. Studiò a Napoli dove nel 1876 conseguì la laurea in legge. Tornato a Lecce esercitò la professione e intraprese l’attività politica. Membro del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati, esordì nella vita politica con l'avvento della Sinistra al potere, fiducioso nel programma di riforme del Depretis. Si  riconobbe, all’inizio, nel partito dell’on. Brunetti, ma quando la pratica del trasformismo divenne sistema di organizzazione politica e sociale, ritenendo quel processo "un passo indietro nella via della libertà", si distaccò dalla Sinistra depretisina e con Francesco Rubichi diede vita nel 1884 al Circolo Democratico, un'organizzazione di progressisti ex brunettiani improntata alle "più larghe ed ardite riforme sociali". 

Nel 1883 fu consigliere di amministrazione della Banca Cooperativa Operaia di Lecce e nel 1887 fu tra i promotori della Società Cooperativa Salentina per la costruzione di case operaie, un obiettivo che Pellegrino perseguì con tenacia e con grande determinazione.

 
Giuseppe Pellegrino 
Foto Spagnolo (Archivio A. Dolce)
 
Fu il maggior suffragato nelle elezioni parziali amministrative del 26 luglio 1885 e l'anno successivo divenne assessore, assieme a Sebastiano Apostolico, un altro giovane emergente della classe dirigente leccese, nella giunta dell'avv. Giovan Battista Libertini le cui linee amministrative e programmatiche furono improntate alla soluzione dei "bisogni della classe sociale". Si andava definendo in quegli anni la sua formazione politica, legata agli indirizzi liberali e democratici di Giuseppe Zanardelli prima e di Giovanni Giolitti poi.
 
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Gonfalone della Città di Lecce
Archivio A. Dolce)
Nel 1891 gli venne affidata la direzione del Circolo Democratico e nello stesso anno fu commissario regio nella città di Gallipoli, che gli conferì la cittadinanza onoraria per il lavoro amministrativo svolto. 

Nel 1893, dopo un'assenza di quattro anni dalla vita amministrativa della città, ma con una presenza attiva nel Consiglio provinciale per il mandamento di Parabita, Pellegrino ritornò in Consiglio comunale risultando il più votato. 

Il vero successo del Circolo Democratico, "che rappresenta - come egli disse - la pagina più gloriosa del partito democratico nella nostra città", avvenne però nelle amministrative del 28 luglio 1895, quando furono eletti 24 consiglieri comunali e Pellegrino per la prima volta fu sindaco di Lecce. Egli riuscì in quell'occasione ad interpretare le tendenze della città, a regolarne il suo andamento, ad esercitare un forte controllo sociale. Il Comune divenne in quel periodo il vero soggetto programmatore delle attività produttive e della stabilità sociale.

 
Pellegrino trasformò radicalmente la città, una delle prime in Italia ad essere dotata di una moderna illuminazione elettrica, grazie all'impianto della tramvia Lecce-San Cataldo, e di un acquedotto cittadino, i cui lavori iniziarono quando ancora l'Acquedotto Pugliese era solo un progetto. Diede decoro al mercato coperto con la costruzione della tettoia liberty; acquistò in convento delle Angiolille, poi palazzo Carafa, e ne fece la sede del Comune "che fino allora vagava da un palazzo all'altro come un qualunque inquilino". Sul piano edilizio operò sventramenti di quartieri fatiscenti dando risalto al centro storico della città, attraverso la sistemazione di piazza S. Oronzo, dove venne scoperto l'anfiteatro e furono costruiti nuovi palazzi, di Piazza Vittorio Emanuele II e di piazza San Matteo. Razionalizzò la viabilità cittadina e dislocò lungo Viale d'Italia le nuove imprese manifatturiere, che configurarono quell'area come la prima zona industriale della città.
 
Innalzò monumenti a uomini illustri della città e della vita politica provinciale e nazionale, chiamando gli artisti leccesi ad esprimere pienamente le loro qualità scultorie. Per loro istituì borse di studio e avviò le prime procedure per dare alla città una Scuola Artistica Industriale, che venne inaugurata nel 1916. Fondò il Museo civico con lo scopo di raccogliere le opere dei migliori artisti leccesi. Nel campo assistenziale e della beneficenza lasciò la sua impronta: abolì l'antica "ruota" dei trovatelli istituendo il Brefotrofio, il Dormitorio pubblico e rilanciando la Congregazione di Carità. 
 
Il 4 novembre 1899 si dimise da sindaco per presentarsi alle politiche del giugno successivo nel collegio di Lecce, dove venne sconfitto dal candidato ministeriale Francesco Lo Re. Le consultazioni nel collegio elettorale di Lecce dopo la morte del Lo Re (1903) lo videro contrapposto per l'Associazione Democratica al radicale Vito Fazzi, che vinse le elezioni grazie al forte consenso ottenuto nei centri rurali del collegio, mentre la città aveva assegnato la vittoria al Pellegrino. Irrilevante il voto ottenuto da Enrico Ferri per i socialisti.
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Frontespizio dell’album fotografico
per le nozze Pellegrino-Staiano
(Archivio A. Dolce)
 
La presenza in città di un'amministrazione radicale, che si riconosceva nell'on. Fazzi, portò nel luglio 1907 ad un accordo tra i cattolici, durante l'episcopato del vescovo Trama, e il partito democratico per conquistare palazzo Carafa. Un accordo che Pellegrino dichiarò di non riconoscere.  Nel gennaio 1908 però tornò alla guida del Comune sostenuto da una maggioranza demo-cattolica. Il suo programma poggiava su alcuni punti essenziali, fra i quali il riscatto dei servizi elettrici, della tramvia e del gas, un lungo contenzioso che egli riuscì a definire dopo difficili ed elaborate trattative con l'impresa Koppel. Assunta la carica di prosindaco fino al 1911, si poté presentare alle elezioni politiche del 7 marzo 1909, contendendo il seggio parlamentare per il collegio di Lecce a Vito Fazzi. Vinse il Pellegrino grazie ancora una volta al massiccio voto dei cattolici che per l'occasione avevano ricevuto la dispensa del non-expedit. Risultato che si ripropose nelle elezioni politiche, svolte con suffragio universale maschile, del 26 ottobre 1913. Quelle elezioni furono poi contestate e annullate, perché su 1596 schede compariva, accanto al nome del Pellegrino, la dicitura "avv.". Si ritornò alle urne il 15 marzo 1914 in cui Vito Fazzi riuscì vincitore per un centinaio di voti.

Durante gli anni della guerra Pellegrino promosse opere di assistenza per le famiglie dei combattenti. Nelle elezioni politiche del novembre 1919, che si svolsero con il sistema proporzionale e con scrutinio di lista, Pellegrino venne eletto deputato nella lista ministeriale nittiana e poi riconfermato nelle politiche del maggio 1921 con la lista liberale monarchica. Ricoprì in quegli anni anche la carica di Vicepresidente dell’Acquedotto Pugliese.

Nel 1921, colpito negli affetti familiari dalla perdita della figlia, Pellegrino sembrò allontanarsi dalla politica attiva. Indubbiamente il nuovo clima politico che si venne a creare in città e nel paese non lo entusiasmò molto. Il fascismo a Lecce ebbe un rapporto difficile con la vecchia classe liberale, specie dopo la “mutilazione” della provincia di Terra d’Otranto con l’istituzione nel 1923 della provincia di Taranto e nel 1927 di quella di Brindisi.

Ormai defilato, se non proprio emarginato dal regime, alla vigilia delle elezioni politiche del 1924 aderì al fascismo, “sciogliendo” amici ed elettori “da ogni vincolo che li leghi alla mia persona”.

Ritiratosi definitivamente dalla politica attiva, morì a Lecce il 16 dicembre 1931.